
L’avvocatura napoletana dell’Ottocento ha rappresentato per il professionismo giuridico italiano un modello forte, duraturo e paradigmatico. Tra Ottocento e Novecento si assiste all’invenzione di un vero e proprio “mito” dell’avvocato partenopeo, che si radicherà solidamente nella tradizione nazionale, conservando nel tempo tutto il fascino carismatico. Intrecciando le fonti archivistiche, legislative, la produzione scientifica e specifica dell’attività pratica, il libro si propone di ricostruire le complesse vicende che segnarono la riformulazione della figura dell’avvocato tra Antico Regime e nascita del Regno d’Italia. Lo scetticismo che sul finire del Settecento incombeva sul lavoro degli avvocati e dei procuratori della capitale del Mezzogiorno, fu presto smentito da un rinnovato impegno civile e sociale del foro cittadino. L’esercizio della difesa divenne un’arma molto potente per diffondere ed educare le popolazioni meridionali ai valori costituzionali e statali, trasformando così la professione forense da attività privata in vero e proprio ufficio di interesse generale. La parola ma anche gli scritti degli avvocati divennero strumenti di un discorso più ampio che toccava i principi e le categorie fondanti del moderno ordinamento giuridico e istituzionale. L’eloquenza, la ricchezza della scrittura, l’enciclopedismo del sapere propri della produzione testuale forense oltrepassarono i confini della purezza estetica e divennero la cifra originale del moderno linguaggio politico e culturale.
L’AUTORE
Stefania Torre è ricercatore in Storia del diritto medievale e moderno presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Si occupa in particolare di storia dell’avvocatura e della cultura giuridica del secolo XIX, oggetto di alcuni articoli e voci enciclopediche, e di storia del diritto commerciale.