Annibale Ruccello se ne andò dalla scena del mondo in un settembre ancora caldo di circa vent'anni fa. Quello che egli scrisse, tuttavia, continua a godere
di un';ottima salute e a non perdere niente della forza e del fascino che aveva al momento della composizione. [...] Un rinnovato segno della vitalità
di questa straordinaria esperienza artistica è offerta dagli atti di questo convegno che ora si pubblicano. Nella loro reciproca correlazione gli interventi permettono di riflettere sulle forme che l'Intera opera di Ruccello assume e sulle relazioni che essa intrattiene con le voci della cultura contemporanea. [...] Come in uno strepitoso congegno affabulatorio, i grandi miti della cultura novecentesca finiscono per coesistere in un unico universo. Non c'è spettacolo di Ruccello in cui questa complicata alchimia di mezzi espressivi non si riproduca. Proust, Genet, Strindberg, Pasolini, De Roberto, Tomasi di Lampedusa stanno insieme con Patricia Highsmith e con i film noir, si integrano senza forzature
con la suspense alla Dario Argento, dialogano con Mina e con Lucio Battisti, con gli spettacoli trash della televisione più becera e con Raffaella Carrà . Il romanzo storico o il teatro da camera, nella sua versione più feroce e disperata, si mescolano con il vaudeville e con la farsa. Cultura alta e cultura bassa sono state ugualmente indispensabili per la sua storia di autore. Questo teatro raffinato, intellettuale e colto, che sa usare la parola con maestria, è anche, simultaneamente, un sapiente congegno di storie, una macchina di tragici enigmi, che avvince lo spettatore e gli fa vivere un'avventura emozionante e struggente. La scommessa di Annibale Ruccello sembra essere stata precisamente questa: diventare moderno attraverso strategie narrative che conservano il fascino (li un antico racconto o la malia ipnotica di una fiaba nera. Esattamente come i suoi personaggi, che difendono un sogno di purezza nel buio spaventoso del tempo che li ingoia. Non ha d'altra parte affermato Gombrowicz che i personaggi della modernità sono «maschere d'operetta che celano il volto dell'umanità insanguinato da un dolore derisorio»?
(Dall'Introduzione di Matteo Palumbo)
Mese Pubblicazione
Febbraio